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Tuttavia non tremo per ‘sto insieme arido e un po’ insulso d’infernetti senza sugo… dedicarsi alla cultura? beh adesso ho un po’ arcibevuto, ecco un’autodafé alla Canetti (nn sarò mai più uno scriptor da Nobel come lui).
Dicono che la poesia,
una specie-estinta di linguaggio degli dèi…
Ma perché faccio sempre buchi nelle calze?
Le ho comprate al mercato dei piedi
eguali in apparenza.
Alcuni ionici
con gli occhi dei Tuareg
bevevano il vino degli dèi.
…Ci vuole sempre un bel po’ di tempo, qualora per destino ciò magari avvenga, affinché il nuovo riemerga da un futuro più che anteriore proprio remoto: per forza di cose&tempi&luoghi appare un hodie(=oggidi’ ) troppo sommerso…
linee immateriali
rasentano l’antimateria,
Qualcosa di-dietro
i pianeti conosciuti,
il cui nesso remoto
da troppo tempo
abbiamo scordato e quindi perduto.
Non ostante troppa gente
sia sempre schiava
del Vitello d’oro, sia pure in epoca
di Kalj-Yuga arcistagnante
(eguale all’ipertechno del Ferro Arrugginito) –
Proprio perciò mi fo’ garante:
ossia rendo TESTIMONIANZA
alle ùfiche creature.
Naldini# (nato nel ’29, morto nel 20 o 21), allora lavorava vicino a Porta Venezia in Milano presso l’ed. Longanesi, mi regalò una copia di un suo libriccino di liriche friulane con traduzione italiana: “Un vento smarrito e gentile” (stampato da: All’Insegna del Pesce d’Oro- -by Scheiwiller), con una bella dedica al sottoscritto – che ricordava il ‘grido’ struggente degli antichi provenzali “Ab lohin”(Da lontano). Una poesia è più curiosa poi, in quanto lui, che di solito parla di fanciulli “alla S. Penna”, qui scrive en-passant di fanciulle…
<E i pipistrelli su e giù
Volano viziosi
nel velluto della notte tiepida>.
#Domenico Naldini#
Vincenzo Cardarelli (1887-1959) affetto anche da una grave forma di idropisia, (che gli faceva scendere rigagnoletti di pipi’ sulle scarpe mentre la figlia della portiera lo accompagnava gentilmente a passeggio), era però alla sua maniera un genio: aveva tra l’altro compreso molto bene che è meglio non farsi “stuprare” dalla morte, nonostante la fatale-irresistibile attrazione che verso di essa ha, soprattutto inconsciamente, gran parte del genere umano. (Non addentriamoci qui per altro negli insidiosi-paranoici meandri di quanti più o meno sadicamente si fanno quasi un vanto a vario genere…) – Valgano dunque un po’ da ‘mònito’ quei versi cardarelliani, ovvero a campanello-intestino d’allarme per noi tutti, basterebbero cmq gli esempi eclatanti e d’altronde un po’ masoch – di alcuni personaggi cosi’ diversi tra loro… come Che Guevara, Mussolini o Pasolini. Ma ecco per l’appunto che l’antico pensiero di Cardarelli calza a pennello con i più svariati strati sociali: “Morire si’, non essere aggrediti dalla morte”. E più oltre, nella stessa poesia: “Morte non mi ghermire / ma da lontano annunciati / e da amica mi prendi / come l’estrema delle mie abitudini”. Anche per guardare in faccia quell’estrema abitudine con un certo lucreziano distacco, bisogna avere le palle ossia i nervi abbastanza saldi. Assai meglio o diversamente per es. della ‘panteganina’ Busi che si limita ad affermare secondo una logica oggi molto di moda: “Per prenderlo nel culo ci vogliono i coglioni”.